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Apicoltura d’inverno: la cera
12 Dic 2019

Apicoltura d’inverno: la cera

Post by la redazione

Con l’inverno e la pausa delle più intense attività in apiario e in laboratorio vengono le riflessioni sull’annata trascorsa e la programmazione di quella a venire. Il convegno autunnale del 23 e 24 novembre ci è stato di aiuto nei due ambiti.

Riportiamo alcuni spunti venuti dai nostri relatori a partire da Stefano Fenucci, responsabile della cereria del Pungiglione onlus.

Questa è la stagione in cui portiamo la cera in cereria per farcela trasformare in fogli cerei; se però i quantitativi raccolti sono piccoli di solito si scambia la propria  cera grezza con fogli cerei già pronti.

La cattura di sciami o la formazione di nuove famiglie richiedono l’uso di fogli cerei e come sappiamo le buone pratiche nella gestione degli alveari comportano un certo ricambio di cera nel nido – almeno un terzo dei favi andrebbero rinnovati ogni anno.

E’ bene per tanto valutare di quanti fogli cerei avremo bisogno e non ricorrere all’acquisto all’ultimo minuto.

Stefano Fenucci ha calcolato che almeno il 90% della vita di un’ape – a partire dalla deposizione dell’uovo da cui nasce – sia trascorsa a contatto con la cera dei favi dell’alveare

Le api trascorrono molto tempo a contatto con i favi, la struttura fondante dell’organismo alveare: essi ospitano la covata, contengono e preservano polline e miele, consentono la comunicazione tra gli individui e costituiscono parte attiva del sistema immunitario del superorganismo alveare.

Una cera inquinata può creare molti problemi alle api, sia che sia stata adulterata attraverso la truffaldina ma purtroppo comune aggiunta di idrocarburi estranei, sia che sia inquinata da pesticidi.

Grassi di origine minerale come la paraffina o di origine animale e vegetale come la stearina sono spesso presenti in quantità non irrilevanti in cere di origine poco chiara o estera che entrano con facilità anche nel nostro paese. Fogli cerei adulterati faranno morire la covata e possono rivelarsi in situazioni come queste:

Effetti sulla covata dell’aggiunta di stearina, con concentrazioni variabili fra il 15 e il 35%, a confronto con una cera non adulterata – la terza sezione. La mortalità arriva al 71%.

La contaminazione della cera è una questione molto seria. Nelle cere lavorate oggi si trovano ancora quantità rilevabili e rilevanti di sostanze vietate da decine di anni nel nostro Paese, come il clorfenvinphos, un pesticida fosforganico bandito per i gravi effetti tossici sull’uomo e mai autorizzato in Italia in apicoltura.

Ci sono altre cinque sostanze, assieme al clorfenvinphos, per cui sono stati individuati limiti residuali nella cera biologica. Esse sono:

coumaphos, fosforganico non ammesso in Italia in apicoltura, ma utilizzato all’estero, cimiazolo, azotorganico ammidina non autorizzato in Italia;

fluvalinate, piretroide principio attivo dell’Apistan;

flumetrina, altro piretroide recentemente rientrato nel mercato dei farmaci ammessi nel farmaco Polyvar;

amitraz, principio attivo di Apitraz e Apivar molto utilizzato ovunque vi siano apicoltura e varroa.

Il Regolamento Tecnico 16 (RT16) è un accordo normativo per tutti gli enti certificatori del biologico accreditati al fine di armonizzarne parametri e operatività. Ecco cosa prescrive rispetto alla cera d’api:


I valori qui espressi sono in parti per milione, ppb, ovvero mg/kg; altrove troviamo spesso le stesse indicazioni espresse in ppm, parti per miliardo, ppm ovvero µg/kg
0,100 ppb sono 100 ppm!!!

ATTENZIONE: Nelle cere convenzionali non ci sono limiti ed anzi, le analisi rivelano spesso livelli di contaminazione sia da principi attivi introdotti dagli apicoltori sia da pesticidi presenti nell’ambiente molto elevati.

E’ difficile sapere cosa stiamo acquistando: la cera non è un alimento e il contenuto di stearina o pesticidi non ne fa un prodotto invendibile, ma ci sentiamo di suggerire, poco acquistabile. Attenzione al prezzo, innanzitutto;

E attenzione ad alcuni indicatori organolettici e fisici che Stefano ci ha fatto sperimentare direttamente: la cera profuma, come il miele; non deve avere odori strani o cattivi; i fogli cerei di opercolo sotto ai 15 gradi sono molto fragili.

Chi vende può fornire analisi, preferibilmente multi residuali, che però, non sono facili da leggere e interpretare. E piuttosto che acquistare su internet, conviene recarsi in cereria, da persone di fiducia.

Fondamentale è anche spostarsi dall’altro lato e fornire della cera buona: innanzitutto di opercolo, poiché maggiore è la garanzia che si tratti di cera prodotta dalle api senza utilizzare quanto sta nel nido e può aver accumulato negli anni sostanze inquinanti – anche per questo sostituiamo continuamente la cera dei nidi; non  vanno utilizzati nell’alveare prodotti non consentiti per i trattamenti contro la varroa (o altre patologie); bisogna cercare di tenersi lontani da fonti di inquinamento (le sostanze liposolubili sono molte e una volte fissate nei grassi non abbandonano facilmente).

Per evitare di ricorrere ad acquisti incauti diversi soci hanno deciso di creare un gruppo di conferimento cera, alfine di raggiungere il quantitativo minimo richiesto per una lavorazione dedicata. Il gruppo lavora sulla base della fiducia reciproca e dell’autocontrollo (analisi).

Ricordiamo a questo proposito che anche quest’anno la Regione Marche ha rinnovato il co-finanziamento delle analisi presso il laboratorio dell’Assam. Gli apicoltori marchigiani beneficiano di uno sconto molto alto, l’80%; questo rende accessibile a tutti attuare autocontrollo sui propri allevamenti: una multi residuale sulla cera costa normalmente 125€. Assam fa svolgere le analisi sulla cera al laboratorio PH.

Se avete difficoltà a leggere le vostre analisi o volete indicazioni su come procedere ad un buon campionamento, contattateci.

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