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Segni che parlano: la danza delle api- Parte 2
9 Mar 2024

Segni che parlano: la danza delle api- Parte 2

Post by Valentina Larcinese

Il tema della XIII edizione di Apididattica è stato “Linguaggi” e l’occasione era imperdibile per raccontare della modalità di comunicazione degli insetti e in particolare delle api. Volendo essere l’intervento il più inclusivo possibile, si è sperimentata (e con successo!) la traduzione simultanea in lingua dei segni:  LIS e danza delle api sono due straodinarie modalità di trasformare segni in messaggi significativi.  

Questa serie di articoli riprende e approfondisce gli argomenti trattati nella relazione “Segni che parlano: la danza delle api e la LIS”.

Se vi siete persi la prima puntata potete recuperare cliccando qui.

Quali informazioni si “passano” tra di loro esploratrici e bottinatrici?

La danza ha una duplice funzione comunicativa:

• esprimere la valutazione della fonte trofica (ovvero nettare, polline, acqua e resine) o del sito di nidificazione;

• reclutare bottinatrici.

Le danze principali sono due – circolare e dell’addome – e si svolgono in un’area ben precisa del favo che costituisce la pista da ballo (grazie Thomas Seeley per aver coniato una definizione calzante!); questa si trova in prossimità dell’ingresso, l’equivalente di interporto, dove avvengono le operazioni di scarico ed è riconoscibile, da parte delle api, grazie alla presenza di segnali chimici.

La scelta dell’area della pista da ballo non è affatto casuale: la struttura del favo e il suo contenuto determinano anche la qualità della comunicazione.
I bordi delle celle hanno uno spessore maggiore rispetto al resto della struttura: questo favorisce la trasmissione delle vibrazioni.

Il miglior risultato della danza dal punto di vista comunicativo si ha quando viene eseguita su celle vuote, la prestazione diminuisce sulle celle di covata opercolata e la peggiore di tutte si ha sulle celle che contengono miele. Ad esempio, api che danzano su cellette vuote reclutano, verso i siti di foraggiamento, un numero di operarie tre volte superiore rispetto a quelle che danzano sulla covata opercolata.
Al fine di aumentare la vibrazione le api tendono a non saldare i favi ai telai con la parte inferiore dei telaini  e per buona parte di quelle laterali: ecco perchè è buona prassi attaccare i fogli cerei in alto.
Non si può “ballare” sempre: la resistenza meccanica della cera diminuisce con l’aumentare delle temperature, inficiando la trasmissione delle vibrazioni. La temperatura perfetta per la vibrazione è di 34 °C. Con temperature eccessive la cera può fondersi e addirittura il favo può collassare.

Le vibrazioni hanno però il solo scopo di reclutare api, le informazioni vere e proprie vengono recepite dalle antenne che sono in grado di percepire i campi elettrostatici generati dalla danzatrice.


Il messaggio della danza circolare è piuttosto scarno, di semplice esecuzione coreografica e può essere sintetizzato come “Esci da qui, guardati attorno e trovi una buona fonte di cibo”. Il “guardati attorno” significa che l’ape non deve allontanarsi più di 100 m dall’alveare.

La coreografia della danza dell’addome invece è più complessa e viene descritta da Karl von Frisch così: “Esse percorrono rapidamente un breve tratto in linea retta dimenando con grande frequenza, l’addome a destra e a sinistra; quindi eseguono un’evoluzione circolare completa di 360° a destra e a sinistra, corrono in avanti in linea retta ancora una volta, quindi eseguono l’evoluzione rotatoria a destra ripetendo questo schema molte e molte volte”.

Le informazioni contenute nell’interpretazione della danza dell’addome, di più complessa esecuzione, sono:

  • Distanza
    Durante il volo, gli occhi delle api “registrano” lo scorrere del paesaggio, il cosiddetto flusso ottico, e questo consente loro di fare in realtà non una, ma due cose interessantissime: misurare la velocità di volo e la distanza.
    I punti di riferimento dello spazio hanno la stessa funzione che hanno per noi le luci disposte lungo un tunnel: ci fanno seguire la giusta direzione, anche a fari spenti. In un ambiente fatto di  monoculture, e quindi uniforme, le api stentano a orientarsi e questo è anche il motivo per cui, come aveva osservato già Lindauer ma senza capirne la causa, le api che sorvolano superfici di acque ferme dopo un po’ si schiantano, annegano e muoiono.
    Come se non bastasse, la vista e opportuni organi sensoriali sono coinvolti anche nel calcolo della quota di volo.

  • Direzione
    L’indicazione della direzione nella danza è espressa attraverso la posizione del sole, se l’ape ha accesso alla luce naturale, oppure attraverso la gravità, se l’ape è al buio. Le api sono in grado di traslare l’angolo formato dalla posizione del sole, la fonte alimentare e l’arnia nell’angolo che si forma tra la verticale (direzione della gravità) e la direzione del movimento scodinzolante della danza (vedi fig.). È da sottolineare il fatto che le api imparano a prevedere il percorso giornaliero del sole. Inoltre, è sufficiente che sia visibile una piccola porzione di cielo azzurro  per determinare la corretta posizione del cielo. Questo è possibile perché le api sono in grado di percepire la luce polarizzata: sostanzialmente è come se fossero tutte dotate di un bel paio di Ray-ban.
    La scoperta della percezione  della luce polarizzata da parte delle api si deve a Karl von Frisch, ma  come riuscì in una simile impresa? Su un alveare, per l’esattezza un’arnia da osservazione, mise il tubo di una stufa in modo che muovendolo mostrasse alle api solo una piccola porzione di cielo.Cosa scoprì?
  • Se il tubo era orientato verso il sole la comunicazione avveniva con successo.
  • Se il tubo era ostruito la comunicazione falliva.
  • Se, invece, era visibile una porzione di cielo in cui non si trovava il sole allora la comunicazione era perfetta.

Come era possibile? Il sole doveva essere l’equivalente della stella polare per i navigatori! Addirittura von Frisch scoprì che la danza veniva eseguita correttamente anche se il favo veniva fatto ruotare come se fosse sul piatto di un giradischi. Poi l’intuizione geniale: mise sul tubo un filtro polarizzatore, preso in prestito dall’Istituto di fisica dell’Università di Monaco, e scoprì che la direzione della danza variava al ruotare del filtro. Fu così che von Frisch scoprì la capacità delle api di percepire la luce polarizzata e quindi di dedurre la posizione del sole in funzione della quantità di luce polarizzata percepita.
Risulta evidente che le api hanno anche un ritmo circadiano che consente loro di capire in quale momento del giorno ci si trovi.

Qualità
Il nettare raccolto dalle api ha una percentuale di zucchero compreso tra il 10% e il 70%. La determinazione della dolcezza del nettare è piuttosto complessa: quando la bottinatrice fa rientro scarica il suo carico ad una ricevitrice che ha il compito di immagazzinare il nettare. Più il nettare è dolce e più è veloce questa fase di scarico, se la percentuale di zucchero è bassa la fase di scarico si prolunga. Qualità e distanza sono criteri fondamentali per la scelta delle fonti alimentari: non ha senso muoversi troppo per un cibo poco appetibile, tutt’altra storia se la fonte nettarifera può far andare in brodo di giuggiole!


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