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31 Dic 2019

Le semine primaverili (parte prima)

Post by Andrea Marziali

Da pochi giorni siamo entrati nella stagione invernale anche se le temperature miti ci ricordano più la primavera, nella speranza di non replicare le gelate di febbraio di 2 anni fa. Certamente le belle giornate sono più che propizie per la lavorazione dei terreni per chi ancora fosse rimasto indietro. Le piogge e le basse temperature che, solitamente, accompagnano gennaio e febbraio penseranno a sfaldare le zolle e  con una fresatura leggera si potrà poi preparare un letto di semina ideale per le 3 specie che andremo a vedere oggi: due leguminose (Melilotus albus, Melilotus officinalis) ed una Boraginacea (Phacelia tanacetifolia).

Phacelia tanacetifolia Benth. (facelia)

Ape su facelia (foto dell’autore)

Sicuramente una delle piante più apprezzate in apicoltura sia per la facilità di coltivazione sia per l’altissimo potenziale mellifero che arriva, in condizioni di copertura ideale, fino a 1000 kg/ha, con un singolo fiore che produce, mediamente, 0,56 mg di zucchero. Il miele è di colore giallo scuro ma poco profumato. E’ anche una buona pianta pollinifera.

E’ pianta annuale con fusti eretti, semplici, alti da 30 a 70(90) cm, ricoperti in alto da peli ispidi o ghiandolosi, foglie alterne, bipennatosette e completamente divise in segmenti lanceolati o dentati. I fiori sono riuniti in una tipica infiorescenza detta scorpiode, per la sua forma, che si srotola man mano che i fiori maturano progressivamente dalla parte basale della stessa verso la cima, caratteristica questa che consente alla pianta di estendere la sua fioritura su 4/5 settimane. Cresce bene fra 0 e 900 m s.l.m.

Non solo api sulla facelia (foto dell’autore)

La coltivazione della facelia si esegue come per altre colture di copertura (cover-crops) e in pratica con la seguente tecnica colturale:

a) La preparazione del terreno si esegue con la tecnica della lavorazione minima (erpicatura) se il terreno non è troppo compatto ed è stato coltivato di recente; un’aratura a media profondità con successiva erpicatura costerebbe troppo. La facelia ha semi molto piccoli e perciò l’ideale è sminuzzare bene il terreno;

b) Seminare a spaglio (interrare con erpice) o con seminatrice a righe (tipo erba medica), che consente di risparmiare quantità di semente; l’uso della seminatrice è ideale perché posiziona il seme nel terreno (tra 3 e 6 cm). I semi della facelia non germinano se rimangono in superficie. La quantità di seme può essere ridotta a 10 Kg per ettaro ma anche meno perché nel nostro caso la facelia è coltivata come fonte di nettare più che come pianta di copertura. Con meno piante per unità di superficie la fioritura è più copiosa per singola pianta; seminandola ai primi di aprile (Italia centro-settentrionale) possiamo averla fiorita in giugno in quanto inizia a fiorire dopo circa 60 giorni e per circa un mese, un mese e mezzo. Nel meridione si può anticipare la semina già a fine autunno. Preferisce terreni sciolti e ben drenati.

c) Concimazione: leggera e solo a base di potassio e fosforo; la facelia sfrutta bene la fertilità residuale e, inoltre, a fine coltura, non sarà asportata e restituirà al terreno gli elementi nutritivi assorbiti;

d) Alla fine della fioritura si possono seguire 2 strade: o si passa un trincia seguito da un’aratura a 20-25 cm per interrare il tutto oppure, se si hanno i giusti macchinari, se ne può raccogliere il seme da riutilizzare nelle annate successive o per la vendita diretta, ripagandosi di parte dei costi sostenuti, poiché sul mercato i semi di Facelia si commercializzano, in base alle quantità, dai 10 ai 13 euro/kg per l’utente finale (non conosco i prezzi all’ingrosso).

Facelia nel mio apiario (foto dell’autore)

La facelia può essere utilizzata anche come pianta da sovescio ma tale procedura non risulterebbe utile alle api in quanto si effettuerebbe prima della fioritura, oppure come foraggera tagliandola in piena fioritura. Attira molti insetti impollinatori, come i bombi, ed anche coccinellidi e sirfidi che predano gli afidi di molte colture. Possono però attrarre anche scarabeidi le cui larve risultano nocive per alcune colture a foglia larga, per cui sarebbe il caso di verificare che non ve ne fossero nelle vicinanze per non aumentare la possibilità di danni.

Melilotus albus Medik. (meliloto bianco)

Meliloto bianco (Foto di Kathy Büscher da Pixabay)

Recentemente rinominata Trigonella alba (Medik.) Coulot & Rabaute dai botanici, la trovate in commercio ancora col vecchio basionimo. E’ un’ottima pianta mellifera con habitus annuale, più raramente biennale. Ha fusti eretti, glabri, angolosi, molto ramificati nella parte sommitale, con un’altezza che può andare dai 50 ai 120(170) cm. Le foglie sono picciolate, trifogliate, lanceolate con margine finemente seghettato. I fiori, da 30 a 70, papilionacei, sono riuniti in racemi terminali lunghi da 5 a 12 cm, colore giallo chiaro o biancastri, con fioritura fra maggio e settembre. Preferisce terreni a medio impasto o leggermente tendenti all’argilloso, purché ben drenati. Non teme i terreni aridi; spesso presente negli incolti e lungo il bordo delle strade. Vive bene fra 0 e 1200m s.l.m.

Come la facelia , anche il meliloto si semina direttamente a dimora o nel tardo autunno o a fine inverno/inizio primavera con 35 kg/ha avendo l’accortezza di immergere i semi in acqua per ca. 10 ore prima della semina così da favorirne la germinazione. Essendo una leguminosa non ha bisogno di concimazione azotata e sicuramente si avvantaggia nella crescita se il terreno ha già ospitato altre leguminose come erba medica, sulla o lupinella. Per la preparazione del terreno si rimanda alla parte sulla facelia, alla quale si può addirittura associare nella semina poiché, essendo più lenta l’entrata in fioritura del meliloto, questa si verifica appena dopo la sfioritura della facelia, formando così un mix ideale per una fioritura continua della durata di quasi 3 mesi. La specie tende a divenire invasiva per cui sarebbe opportuno coltivarla in terreni marginali e lontani da colture che non tollerano concorrenza.

Il meliloto bianco ha un potenziale mellifero sui 640 kg/ha; un singolo fiore produce ca. 0,12 mg di zucchero. Fornisce anche mieli uniflorali bianchi dal sapore delicato. Il polline è molto raccolto dalle api ed ha un tenore proteico superiore al 30%.

Melilotus officinalis (L.) Pall. (meliloto officinale)

Meliloto officinale nel mio apiario (foto dell’autore)

Come per il bianco, anche l’officinale è stato rinominato Trigonella officinalis (L.) Coulot & Rabaute. Questa è pianta a ciclo decisamente biennale, alta fra 50 e 150 cm, presenta fusto fistoloso, solcato, eretto o strisciante, ramosissimo e con fittone ben sviluppato. Foglie picciolate, alterne e trifogliate con margine seghettato. Fiori da 30 a 70 raccolti in racemi di 4-10 cm, gialli, papilionacei, profumati, da maggio ad agosto.

Particolare delle infiorescenze di meliloto officinale (foto dell’autore)

Come per il bianco, predilige terreni a medio impasto o tendenti all’argilloso purché ben drenati. Cresce bene anche in terreni molto aridi, quindi senza bisogno di irrigazioni. Il periodo e la tecnica di semina sono identici al cugino bianco ma si può estendere la sua coltura fino a 1500 m s.l.m. E’ ancora più rustico ma nella semina richiede la stessa quantità di seme per ettaro di terreno e lo stesso trattamento di ammollo in presemina.

Meno mellifero del bianco (sui 250 kg/ha) produce miele con le stesse caratteristiche. I semi di meliloto si trovano in commercio attorno agli 8 euro/kg

Bibliografia:

https://www.actaplantarum.org/index.php

https://pixabay.com/it/ (contributo fotografico)

Giancarlo Ricciardelli D’Albore – Francesco Intoppa

  • FIORI ED API IN EUROPA (PDF)
  • COLTIVARE PIANTE MELLIFERE – Ed. Apinsieme

Thomas silberfeld – Catherine Reeb

  • GUIDE DES PLANTES MELLIFèRES – Ed. Delachaux et Niestlé – 2013

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