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AMARO COME IL MIELE – che non c’è
15 Set 2021

AMARO COME IL MIELE – che non c’è

Post by la redazione

PATOLOGIA APISTICA: inquinamento ambientale/cambiamento climatico VERSUS non c’è più suolo/arrivederci nettare e remunerazione del lavoro…quale trattamento fare?

Lettera apertamente politica alla redazione di L’apis, alla Presidenza Unaapi ed Associate tutte

di Paolo Albucci

Quindici anni fa, scienziato politico, aspramente deluso dalle ipocrisie della cooperazione internazionale, mezzo operatore sociale, mi sono lasciato sedurre dall’ape, ancora di salvezza, libertà di vivere IN e DI campagna.

Sceso sul terreno, ho pian piano imparato a conoscere il superorganismo e con esso, mio malgrado, anche il glifosato (ne cito uno per tutti).

Certo, quindici anni non bastano, il tempo non basta mai, bastano però ad affermare che, a forza di glifosato, muoiono le api e pure gli esseri umani ed animali.

Di sicuro questo è un mio problema, ma se per caso foss’anche vostro, tanto meglio per me!

Se, invece, così non fosse, proverò a dimostrare che il vero problema è il REDDITO, e questo si che è un problema di tutti, e le questioni di reddito, quelle sì che riescono a smuovere le coscienze.

Ecco allora che il mio problema, come per magia (comunicativa), è quasi già diventato il problema di tutti noi!

Dopo quindici anni maneggio le tecniche di conduzione dell’alveare, benino direi, almeno credo, ma il miele che produco è sempre meno, o, se non troppo di meno, per produrlo devo lavorare e spendere più di prima. E per fare cosa, poi? Per nutrire?! Ma non c’erano una volta il nettare ed il polline?!

Mai, quindici anni fa, avrei pensato di diventare un dispensatore di zucchero!

Allora provo a spostare le api un po’ verso la montagna, quanti di voi non l’hanno già fatto?

Inutile che continui, tutto questo lo sapete meglio di me, siete apicoltori, molto più di me.

Fortuna, quindi, avervi incontrato, fortuna la costituzione dell’Associazione Apicoltori del Piceno (di cui faccio parte), fortuna l’adesione ad UNAAPI, fortuna le straordinarie competenze tecniche del CRT: non avrei saputo proprio come cavarmela senza di VOI! GRAZIE, veramente!

Proseguo, allora, da scienziato politico e fors’anche mezzo tecnico apistico, confortato, in ogni caso, dal Dossier di L’apisFlusso Nettarifero: Complessità” a cura di Daniele Alberoni, Luca Bosco ed Enrico Ercole; dal Dossier sempre di L’apis “Gli ambasciatori/Le vie del glifosato sono infinite” a cura di Luca Bosco, Chiara Concari e Sara Oldani; confortato dai risultati dei tanti bio monitoraggi, dalle bilance che salgono per soli 4/5 giorni in piena apparente splendida fioritura di robinia; confortato dalle tante pubblicazioni scientifiche (ce ne sono ormai infinite sia sulle api che sugli esseri umani), per AFFERMARE che, solo eliminando la CHIMICA (insetticidi, diserbanti, fungicidi, fertilizzanti, OGM, NBT inclusi) in agricoltura (e quindi anche in apicoltura), potremo quanto meno recuperare terreno, ovvero suolo, ovvero nettare, ovvero denaro, conquistando così anche i più venali.

Oltre al fattore REDDITO, gioca di sicuro a nostro favore l’APE, la ribalta mediatica di cui il nostro insetto è protagonista: tutti se ne appropriano, molto meno noi apicoltori. Provo, allora, ad offrire il mio contributo per valorizzare ciò che già possediamo:

1- ASSOCIATE UNAAPI: mi permetto di parafrasare con affetto propositivo e costruttivo l’incipit dell’editoriale di Giuseppe Cefalo su L’apis n.3/2021 del mese di marzo: impegnativa, faticosa…ma NON indispensabile presenza (almeno per il momento, secondo me) negli ingranaggi perversi della tecnocrazia europea ed italiana, lontani dalle nostre case e dai nostri territori.

Propongo, invece, di ripartire dalle Regioni, dalle ASSOCIATE UNAAPI ormai presenti in tutto il territorio italiano.

2- PATOLOGIA APISTICA: le evidenze scientifiche e non, ci permettono di formare i tecnici apistici del CRT sul fatto che l’uso della CHIMICA in agricoltura ed apicoltura equivale ad una perdita di reddito. L’unico trattamento possibile è il NON uso dei prodotti fitosanitari in agricoltura. A loro volta i tecnici dovrebbero sensibilizzare i soci delle rispettive associate per creare una massa critica. Gli apicoltori che già la pensano come noi, saranno subito dei nostri, gli altri si convinceranno non appena saranno consapevoli del fatto che di suolo e di nettare ne sono rimasti, ormai, ben pochi.

In sostanza, l’impoverimento del suolo andrebbe a tutti gli effetti considerato una patologia apistica e quindi trattata, non certo con gli acidi, ma con l’AZIONE POLITICA TERRITORIALE.

3- API: le nostre care api ci concedono un grande privilegio: conquistare, non appena volessimo, l’attenzione dei media per denunciare ciò che tutti i giorni esse stesse ci rivelano. E se le api davvero morissero, cosa mai mangerebbe l’essere umano? Certo potremmo promuovere l’impollinazione manuale come nuovo business, come fanno già in Cina e di certo la disoccupazione diminuirebbe.

Immaginate, invece, e propongo la prima che mi viene in mente, una manifestazione/presidio in contemporanea (stessa ora, stesso giorno) sotto i palazzi di tutte le Regioni italiane, da apicoltori vestiti con arnie al seguito ben popolate. Che ne dite?

Credo semplicemente sia sempre più necessario agire a livello locale, a partire dai territori che le nostre api e le nostre associate già presidiano. Non esiste un’unica ricetta: apriamo il dibattito per poi agire insieme e contemporaneamente su tutti i nostri territori.

4- AGRICOLTURA NATURAL RIGENERATIVA: il nostro obiettivo (ovviamente da documentare e riscrivere insieme): condizionare la PAC al NON utilizzo della chimica senza più ricadere nella mediazione dell’indice impollinatore o dell’eco schema impollinatore o di non so più cos’altro.

Basta mezze misure.

I contributi vanno concessi solo agli agricoltori virtuosi che promuovono la rigenerazione del suolo. Gli agricoltori altri, invece, devono risarcire i danni causati dalle loro stesse pratiche distruttive.

E’ una questione prettamente economica: le pratiche rigenerative del suolo producono un’esternalità positiva e meritano contributi economici, le pratiche degenerative del suolo producono un’esternalità negativa e devono risarcire il danno provocato, o meglio ancora devono essere vietate.

Permettetemi ancora una precisazione sull’intento di questa lettera apertamente politica.

Per farlo, torno ancora all’incipit del nostro presidente Giuseppe Cefalo: dobbiamo agire su PIÙ FRONTI, agiamo allora anche sulle associate UNAAPI, sui tecnici apistici, sugli associati, sui tanti agricoltori e cittadini sensibili alla salvaguardia delle api e degli equilibri ambientali.

Non mi resta ora che la tirata conclusiva, permettetemi anche questa:

  • la rincorsa delle tecnocrazie europee ed italiane su documenti, provvedimenti e norme, serve a ben poco visto che il Trilogo (Commissione, Consiglio e Parlamento europei) tutto ridimensiona e fa sparire;
  • gli stralci di alcune norme, le campagne e le raccolte firme forse ci hanno permesso di mantenere la posizione e vincere qualche sporadica battaglia su alcune molecole nocive, senza però cambiare la sostanza della questione, tanto più che alcune molecole a volte tornano illegalmente o legalmente sotto altra veste;
  • le sacrosante battaglie legali contro avvelenamenti sono certamente doverose e vanno supportate in tutti i modi anche se l’avvelenamento è ormai endemico e ad essere allertate dovrebbero essere le Procure di tutta Italia.

Le energie spese finora non ci hanno ancora permesso di vincere la sfida, di salvaguardare il microbiota intestinale dell’ape, degli apicoltori, degli agricoltori e degli esseri umani ed animali.

Forse la soluzione è più vicina a noi di quanto possiamo credere: agiamo sul nostro proprio fronte, l’Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani, creiamo una nostra massa critica, sicuri, poi, che le nostre energie esploderanno in ambito nazionale, europeo e pure internazionale. La strutture associative le abbiamo già: cosa abbiamo da perdere, più di quello che già stiamo perdendo?

Confido nella caparbietà e nella tenacia che da sempre contraddistinguono la nostra categoria, nondimeno nelle consapevolezze ambientali (e/o reddituali) derivanti dal nostro costante interagire con il superorganismo alveare.

La lettera di Paolo è stata oggetto di aperta e franca discussione durante l’Assemblea dei soci Unaapi svoltasi lo scorso luglio. Gli argomenti sono ovviamente noti e molto sentiti in particolare dalla platea delle apicolture in gran parte professioniste che Unaapi rappresenta. Con la pubblicazione sul sito intendiamo rendere altresì partecipi tutti i nostri soci, per dare coerente seguito a quanto scritto da Paolo, anche in vista dei futuri incontri associativi.

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